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Poveri contadini

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Poveri contadini
con le mani callose,
segnate dal duro legno delle zappe.
Curvati modellate la terra,
la solcate per porvi i semi,
la stendete per formare un giaciglio
accogliente per le vostre piantine.
Attingete dal vecchio pozzo
l’acqua per irrigare i campi dei vostri padri,
assorbita dalle pareti rocciose
del sottosuolo.
Poveri contadini
con la fronte rugosa,
tracciata dai raggi di un sole invadente,
infilatosi nel buco d’ozono.
Poveri contadini
umiliati dall’ingegneria genetica,
dalle politiche agricole comunitarie,
dall’industria alimentare.
Tenete sempre la schiena dritta,
fieri e orgogliosi delle vostre produzioni.
Il tempo darà ragione del vostro lavoro.
Splendidi contadini,
sapienti custodi delle nostre tradizioni,
del cibo genuino della nostra terra,
delle produzioni autoctone dei nostri vini e frumenti.
Mostrate fieri le vostre mani
macchiate dal sudore del duro lavoro,
mani grandi e laboriose,
mani aride e affettuose,
mani forti e rugose,
mani tracciate da cicatrici sottili,
mani tenere e carezzevoli con i bambini.
Splendidi contadini,
che nei dì di festa,
posate sulle ceste di vimini
i raccolti di una stagione.
E sentendo il tintinnio delle campane domenicali
vi recate in chiesa per ringraziare il Signore
col vostro cappello a tese larghe,
come larghe sono le tasche dei vostri pantaloni.
Larghe per metterci dentro
le caramelle per i nipotini,
larghe per gli spiccioli
da donare all’offertorio.
Larghe per il coltello da tenere sempre in tasca
per tagliare il pane, il formaggio,
per sbucciare un frutto.
Larghe come le pareti del vostro cuore,
generoso ed autentico,
passionale e antico.
Cuore scolpito nella cavità toracica,
cuore pompato di sangue nobile,
cuore ferito dall’atroce modernità,
cuore seccato dall’odierna aridità.
Aperto, vivo, sensibile e attento.
Cuore di uomo combattente e onesto.
Questo grande cuore
che non può arrestarsi,
alimentato da un sogno che si manifesta negli anni.
La madre terra non può scomparire,
è bene primario per chi non vuole morire,
per chi la preserva e la ringrazia per i frutti,
ma anche per tutti i suoi figli, buoni o brutti.
E tu contadino, uomo etereo,
sei il custode di questo amore eterno.
E steso sotto l’ombra di un ulivo secolare,
col cappello sulla fronte osservi quella terra d’amare,
quel tramonto dolce dopo una giornata di lavoro,
la brezza del vento che agita le spighe d’oro.
Le mani conserte, appoggiate sul ventre bianco,
riposa eroe, contento e stanco.

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